imprese al femminile: frenata causa covid

Imprese: una su 5 al femminile ma la pandemia ne ha bloccato la rincorsa

Resilienti, tenaci, pronte anche più degli uomini a mettersi in gioco. È la foto del milione e 340mila imprese guidate da donne, che emerge dal IV Rapporto sull’imprenditoria femminile, realizzato da Unioncamere.

Le imprese al femminile, che sono il 22% del totale, negli ultimi 5 anni sono cresciute a un ritmo molto più intenso di quelle maschili: +2,9% contro +0,3%. In valori assoluti l’aumento delle imprese femminili è stato più del triplo rispetto a quello delle imprese maschili: +38.080 contro +12.704. In pratica, le imprese femminili hanno contribuito a ben il 75% dell’incremento complessivo di tutte le imprese in Italia, pari a +50.784 unità.
Anche se ancora fortemente concentrate nei settori più tradizionali, le imprese al femminile stanno crescendo soprattutto in settori più innovativi e con una intensità maggiore delle imprese maschili. È il caso delle Attività professionali scientifiche e tecniche (+17,4% contro +9,3% di quelle maschili) e dell’Informatica e telecomunicazioni (+9,1%, contro il +8,9% delle maschili).
Lazio (+7,1%), Campania (+5,4%), Calabria (+5,3%), Trentino (+5%), Sicilia (+4,9%), Lombardia (+4%) e Sardegna (+3,8%) le regioni in cui le aziende al femminile aumentano oltre la media. In termini di incidenza territoriale, sul totale delle imprese, al vertice della classifica si incontrano tuttavia tre regioni del Mezzogiorno (Molise, Basilicata e Abruzzo), seguite dall’Umbria, dalla Sicilia e dalla Val d’Aosta.

Di fronte al Covid, però, molte aspiranti imprenditrici devono aver ritenuto opportuno fermarsi e attendere un momento più propizio.

Tra aprile e giugno, infatti, le iscrizioni di nuove aziende guidate da donne sono oltre 10mila in meno rispetto allo stesso trimestre del 2019. Questo calo, pari al -42,3%, è superiore a quello registrato dalle attività maschili (-35,2%). Anche per effetto di questo rallentamento delle iscrizioni, sul quale ha inciso il lockdown, a fine giugno l’universo delle imprese femminili conta quasi 5mila unità in meno rispetto allo scorso anno.

“L’imprenditoria femminile è uno dei settori strategici da promuovere, sia per lo sviluppo del Paese che per il raggiungimento di un pieno empowerment femminile anche nel contesto lavorativo”.

È quanto dichiara la Ministra per le pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti, che aggiunge

“serve sostenere e incentivare la presenza femminile nelle PMI, settore privilegiato per il lavoro delle donne. Abbiamo quindi individuato, come Dipartimento per le pari opportunità, tre direzioni di intervento: accesso al credito e formazione finanziaria, per i quali dall’inizio della crisi sanitaria abbiamo già incrementato di 5 milioni di euro il fondo destinato al credito delle PMI femminili; un piano nazionale di formazione al digitale, con particolare attenzione ai settori e alle categorie di donne imprenditrici, che sono maggiormente escluse da tali percorsi formativi; promozione incentivata, tra le imprese femminili, e condivisione di strumenti di welfare e di conciliazione tra la vita familiare e quella lavorativa. Sono convinta che il coraggio delle donne che sanno osare scelte innovative possa fare di queste imprese il primo passo per la ripartenza di tutto il Paese”.

Per il sottosegretario allo Sviluppo economico, Giampaolo Manzella,

“I dati di Unioncamere di oggi sono solo gli ultimi a dirci che c’è ancora un ritardo importante sulla partecipazione delle donne alla vita di impresa, con implicazioni molto forti in termini economici. Nella azione del Mise a sostegno delle PMI ci sono tre assi di intervento sui quali concentrarsi: Incentivi alle imprese sotto forma di prestiti e contributi, con un’azione a favore delle startup femminili; Sensibilizzazione culturale per ‘far capire’ nella società il valore dell’impresa femminile; Azioni di assistenza tecnica alle imprenditrici per aiutarle a ‘fare impresa’.
Il tutto in stretto contatto con le Regioni e il sistema camerale e nella prospettiva di un Recovery Fund che tocchi i nodi italiani: di cui questo è sicuramente uno”.

“In Italia ci sono più di un milione e trecentomila imprese femminili che crescono ogni anno un po’ più delle altre”,

ha sottolineato il presidente di Unioncamere, Carlo Sangalli.

“Durante il periodo di emergenza abbiamo visto invece un rallentamento della nascita di queste imprese, a testimonianza del fatto che il peso più rilevante in quelle fasi difficili è ricaduto e ricade sulle spalle delle donne. Anche per questo dobbiamo rafforzare gli strumenti utili per sostenere le donne a far nascere e crescere le loro imprese”.

Riduzione del numero di nuove imprese femminili in Italia.

Nelle regioni del Centro-Nord si registra la riduzione più consistente del numero di nuove imprese femminili (-47,0%). Il Mezzogiorno si “ferma” invece al -34,1%. In valori assoluti, le iscrizioni rallentano soprattutto in Lombardia (-1.776), Lazio (-1.222), Campania (-965), Piemonte (-913), Toscana (-911), Emilia-Romagna (-789), Veneto (-732).
Il forte calo delle iscrizioni rischia anche di rallentare quel processo di rinnovamento che si sta realizzando in questi anni nelle generazioni più giovani. Un rinnovamento che emerge con chiarezza dall’indagine di Unioncamere realizzata su un campione di 2mila imprese di uomini e di donne, contenuta nel IV Rapporto sull’imprenditoria femminile. I dati, raccolti a ridosso dello scoppio della pandemia, analizzano la risposta di genere all’interno del mondo delle imprese giovanili di fronte ad alcuni temi chiave della competitività e mostrano come le difficoltà innescate dal Covid 19 possano colpire maggiormente il mondo dell’impresa femminile, più sensibile al ciclo economico di quello maschile (il 21% delle imprese femminili ritiene di essere più esposto all’andamento negativo dell’economia contro il 18% degli imprenditori).
Infatti, le giovani donne d’impresa hanno una minore propensione all’innovazione rispetto ai coetanei uomini (il 56% delle imprese giovanili femminili ha introdotto innovazioni nella propria attività contro il 59% imprese giovanili maschili); investono meno nelle tecnologie digitali di Industria 4.0 (19% contro il 25% delle imprese giovanili maschili); sono meno internazionalizzate (il 9% contro il 13%); hanno un rapporto difficile con il credito (il 46% delle imprese femminili di under 35 si finanzia con capitale proprio o della famiglia). Inoltre, solo il 20% delle imprese di giovani donne ricorre in misura notevole al credito bancario e, tra tutte le imprese under 35 che lo richiedono, sono più le giovani imprese femminili, rispetto a quelle maschili, a lamentarsi di non aver visto accolta la richiesta o di averla vista soddisfatta solo in parte dalle istituzioni bancarie (8% vs 4%).

Un sistema di “buona” giovane impresa

Questi elementi di fragilità peraltro si inquadrano all’interno di un sistema di “buona” giovane impresa che condivide, in misura spesso più diffusa dei colleghi uomini, una serie di valori fondanti.
L’impresa giovanile femminile, infatti, è più attenta all’ambiente, guidata soprattutto dall’etica e dalla responsabilità sociale: la quota delle giovani imprese rosa che investono nel green mosse dalla consapevolezza dei rischi legati al cambiamento climatico è superiore a quella dei giovani imprenditori maschili (31% vs 26%). L’attenzione al welfare aziendale è decisamente elevata tra le giovani imprese femminili, che, ad esempio, offrono maggiori possibilità di smart working ai propri dipendenti (50% tra le femminili contro il 43% di quelle maschili); hanno adottato in misura maggiore iniziative volte a sostenere la salute e il benessere dei propri lavoratori (72% contro 67%) e sono più propense a sviluppare ulteriormente attività di welfare aziendale nei prossimi tre anni (69% contro 60%).
Le giovani imprenditrici, la cui spinta a fare impresa deriva in misura maggiore rispetto agli uomini dal desiderio di valorizzare le proprie competenze ed esperienze professionali (24% contro 21%), danno lavoro di più ai laureati (41% contro 38%) e intessono rapporti più stretti e frequenti con la comunità territoriale (il numero medio di stakeholder con i quali l’impresa giovanile femminile intrattiene rapporti è pari a 3,81, contro 3,58 dei coetanei uomini).

fonte: UnionCamere

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Aiutare i giovani a comprendere quale lavoro fare da grandi e quale percorso intraprendere

Unioncamere e Smart Future Academy insieme per aiutare i giovani a comprendere cosa fare “da grandi”

Aiutare i giovani a fare la scelta giusta per il proprio futuro.

È quanto si propongono Unioncamere e Smart Future Academy con il protocollo d’intesa siglato dai rispettivi presidenti, Carlo Sangalli e Adriana Lilli Franceschetti.

Le Camere di commercio hanno un ruolo importante per la realizzazione e diffusione di servizi e strumenti relativi ai percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (PCTO) degli studenti. Dal canto suo, Smart Future Academy ha ideato e messo a punto un format di workshop di orientamento per i giovani particolarmente efficace, basato sull’ascolto e l’interazione con professionisti brillanti che raccontano il proprio lavoro e il percorso di studi che li ha portati al successo.

Le tendenze del mercato del lavoro e gli eventi di orientamento per i giovani

Obiettivo dell’intesa, che mette a sistema esperienze già maturate negli anni scorsi nelle Camere di commercio di Bergamo, Bologna, Brescia, Firenze, Milano-Monza-Brianza-Lodi e Torino, è quindi quello di favorire la collaborazione di Smart Future Academy con il sistema camerale, promuovendo eventi di orientamento per i giovani della tipologia ideata dall’associazione, rafforzandola anche con le informazioni sulle tendenze del mercato del lavoro che sono patrimonio del sistema camerale. Si punta quindi ad unire i benefici di un format vincente con informazioni puntuali sulle prospettive occupazionali per dare una mano ai giovani a fare la scelta, di lavoro o di formazione, più consona alle proprie capacità e inclinazioni ma anche più rispondente alle reali e mutevoli esigenze del mondo del lavoro e dell’impresa.

Le difficoltà attuali del mercato del lavoro ci spingono a dare ulteriore impulso alle attività che le Camere di commercio svolgono per l’orientamento dei giovani”, sottolinea il segretario generale di Unioncamere, Giuseppe Tripoli.Obiettivo dell’intesa con Smart Future Academy è dar vita ad incontri di orientamento che, coinvolgendo e divertendo, stimolino nei giovani una riflessione attenta sulle reali opportunità occupazionali e sui percorsi di studio che offrono maggiori e più soddisfacenti possibilità di inserimento”.

“Questa alleanza con Unioncamere permetterà al progetto Smart Future Academy di essere sempre più un’occasione per i ragazzi di seguire un percorso che li porta dalla scuola al mondo del lavoro – dichiara Lilli Franceschetti, presidente di Smart Future Academyun mondo del lavoro oggi messo in ginocchio ma che non deve far perdere la speranza, a chi deve ancora affrontarlo, perché, come è stato detto da un nostro speaker, in Italia si può! Incoraggiamoli!”.

“Questo periodo di difficoltà passerà e, oggi più che mai, dobbiamo ripartire mettendo i giovani al centro dell’attenzione nazionale, facendo leva sulla grande capacità di fare sistema tra pubblico e privato che l’Italia ha saputo mettere in campo” ha aggiunto Marco Bianchi, vicepresidente di Smart Future Academy. “Ci piace leggere la firma di questo Protocollo di Intesa come un segnale dell’Italia alla classifica dell’Ocse che ci vede, tra i suoi 37 Stati membri, all’ultimo posto per spesa pubblica destinata all’istruzione.”

fonte: UnionCamere

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Da oggi il Portale nazionale della etichettatura si estende anche alle imprese non alimentari

Da oggi il Portale nazionale della etichettatura si estende anche alle imprese non alimentari

Sotto l’egida di Unioncamere Italiana e grazie alla collaborazione di Dintec, la Camera Di commercio di Torino e il suo Laboratorio Chimico offrono un servizio concreto sulla etichettatura e la sicurezza di tutti i prodotti, per orientare le imprese ad una giusta concorrenzialità

Il Portale Etichettatura che finora ha fornito un supporto per la creazione e l’aggiornamento dell’etichetta alimentare, grazie alla collaborazione con Dintec – Consorzio per l’innovazione Tecnologica si arricchisce di nuovi contenuti ed offre un servizio completo a disposizione di tutte le imprese alimentari e non alimentari.

“Il Portale è nato lo scorso dicembre dopo l’esperienza dello Sportello Etichettatura e Sicurezza Alimentare, un servizio di primo orientamento nato qui a Torino quasi 10 anni fa. Lo strumento è completamente digitale ed è un progetto di sistema che coinvolge oltre 60 province italiane con modalità di semplificazione e integrazione dei servizi e con un’interfaccia moderna, molto gradita alle aziende alimentari e ai consumatori– dichiara Dario Gallina, Presidente della Camera di commercio di Torino. – A sei mesi di distanza però, il mondo economico è improvvisamente cambiato e tutte le imprese hanno bisogno concretamente di aggiornarsi e di ricevere assistenza, senza doversi spostare dal luogo di lavoro. Abbiamo dunque accelerato il nostro impegno come sistema camerale e, proprio in questo momento di ripartenza post Covid 19, siamo qui per offrire anche alle imprese non alimentari il nostro Portale, dedicando il nostro supporto digitale anche in materia di etichettatura dei prodotti di largo consumo, come per esempio gli elettrodomestici, i giocattoli o il settore della moda”.

“Nel Portale nazionale dell’Etichettatura – commenta Fabrizio Galliati, Presidente del Laboratorio Chimico Camera Commercio Torino – oltre agli esempi di etichette di prodotti italiani, ai riferimenti normativi in materia di sicurezza ed etichettatura alimentare e alle numerose FAQ, saranno presenti contenuti analoghi anche sui temi non alimentari, con un supporto di primo orientamento sull’etichettatura dei prodotti di abbigliamento e calzature, sull’etichettatura energetica e sulla marcatura CE, con informazioni a corredo dei prodotti ricadenti nell’ambito del Codice del consumo e sulle indicazioni metrologiche da riportare sui prodotti preimballati”.

“Ampliare ai prodotti non alimentari il servizio erogato attraverso il Portale– dichiara Massimo Guasconi, Presidente di Dintec – consente di valorizzare il ruolo e le competenze delle Camere di commercio a presidio dei temi relativi alla regolazione del mercato, fornendo un supporto concreto alle imprese per aiutarle ad operare in modo trasparente e concorrenziale sul mercato innalzando, al contempo, il livello di salute e sicurezza per i consumatori”.

Gli enti dietro al portale

Il Portale è realizzato dalla Camera di commercio di Torino e dal suo Laboratorio Chimico, sotto l’egida di Unioncamere Nazionale e con la collaborazione, ad oggi, di 30 enti camerali che mettono a disposizione delle proprie imprese contenuti personalizzati, come schede di prodotti tipici o più rappresentativi.

Ciascun ente opera, nell’ambito del Portale, sulla base di un flusso operativo personalizzato secondo modalità concordate con il Laboratorio Chimico della Camera di commercio di Torino, che consente di monitorare i quesiti in tutti i passaggi, operativi e amministrativi.

A partire da oggi le Camere di commercio potranno avvalersi anche del contributo tecnico di Dintec nell’evasione dei quesiti inerenti all’etichettatura dei prodotti di largo consumo non alimentari, adottando le medesime modalità operative previste per i prodotti alimentari, ma beneficiando di una task force di esperti e di competenze più ampie, a servizio loro e delle imprese.

Per accedere al Portale le imprese devono effettuare una registrazione, a seguito della quale possono poi accedere alla loro area riservata per inserire i quesiti alimentari o non alimentari. Le risposte ai quesiti vengono inserite direttamente sul Portale, in modo che le aziende possano accedere e consultare agevolmente lo storico dei quesiti.

Il Portale è accessibile a tutti, compresi i consumatori che possono consultare il materiale informativo disponibile, in particolare i riferimenti normativi “orizzontali” di etichettatura, le schede dei prodotti e le FAQ con le risposte finora elaborate in base all’esperienza di tutti gli Sportelli.

fonte: UnionCamere

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Energia e gas: cala il costo per le imprese

ENERGIA E GAS: CALA IL COSTO PER LE IMPRESE

L’emergenza sanitaria ha causato un calo del costo per le imprese su energia e gas

Il calo del costo di gas naturale ed energia elettrica, causato sia dalla riduzione dei quantitativi degli scambi commerciali sia dallo stop delle attività di trasporto e la riduzione dei consumi causati dall’emergenza sanitaria, ha comportato una riduzione della spesa per le imprese italiane. Dal monitoraggio periodico dei costi dei servizi pubblici locali sostenuti dalle imprese operato da Unioncamere e BMTI con il supporto di REF Ricerche, emerge che nel secondo trimestre la riduzione media della spesa, riferita ad alcuni profili tipo rappresentativi delle esigenze produttive e di consumo delle PMI italiane (negozio di ortofrutta, supermercato, bar, parrucchiere, ristorante, albergo), sarà del -17,5% per l’energia elettrica e del -15% per il gas rispetto allo stesso periodo del 2019. La spesa unitaria media si assesterà dunque sui 181 euro al MWh per l’energia elettrica e 0,65 euro al mC per il gas naturale. Nello specifico, tra i differenti profili tipo di impresa analizzati, per quanto riguarda l’energia elettrica le riduzioni dei costi oscillano tra il -15% per il negozio di ortofrutta e il -20% per l’albergo. Per la spesa di gas naturale il calo si attesta tra il -14% per il negozio di ortofrutta e il -16% per il ristorante.

Brent precipitato per il petrolio e quotazioni del gas naturale crollate

Per quanto riguarda il petrolio, il Brent (il principale punto di riferimento mondiale del prezzo) è precipitato dagli oltre 70 dollari al barile toccati a Gennaio fino ai 16 dollari al barile di Aprile, il minimo storico del 2020, per recuperare parzialmente fino ai 36 dollari al barile a Maggio. Anche le quotazioni del gas naturale sono crollate per effetto della chiusura delle industrie e delle attività commerciali. Il prezzo ha sfiorato i 15 centesimi di Euro al mC a Maggio (-48% rispetto ad un anno fa e – 43% rispetto a tre mesi fa). I primi mesi dell’anno hanno determinato in Italia anche una riduzione della produzione totale di energia elettrica (-6,4% rispetto al I trimestre del 2019), principalmente imputabile all’eolico (-17,4%) e al termoelettrico (-9,4%). Cresce invece l’idroelettrico (+17,5%).

fonte: UnionCamere

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unioncamere: 44mila nuove imprese in meno durante il lockdown

UNIONCAMERE: 44MILA NUOVE IMPRESE IN MENO DURANTE IL LOCKDOWN

Sangalli, i 10 punti strategici per uscire dalla crisi

Sono già 44mila in meno le nuove imprese nel nostro Paese a causa del lockdown. Il dato è destinato ad aumentare nel corso dell’anno, con lo scotto maggiore che verrà pagato soprattutto dalle regioni del Nord. Lo rileva Unioncamere, che ha tenuto la sua Assemblea annuale dove ha lanciato una proposta in dieci punti al Governo, rappresentato dal Ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli.

Le Camere di commercio indicano dieci punti chiave, ha detto il Presidente di Unioncamere, Carlo Sangalli nel corso dell’Assemblea, per rilanciare l’Italia. “Si tratta – ha spiegato Sangalli – di agire su digitalizzazione e tecnologie 4.0, infrastrutture, semplificazione, giustizia civile e mediazione, internazionalizzazione, turismo, nuove imprese e giovani, sostenibilità, formazione, dotazione finanziaria e irrobustimento organizzativo delle imprese. Agire su questi punti è la vera priorità del Paese“.  “Spingere l’acceleratore sulla digitalizzazione delle imprese e sull’adozione delle tecnologie 4.0 – sottolinea il presidente di Unioncamereporterebbe un incremento di oltre un punto e mezzo di PIL nel breve termine, mentre ridurre gli oneri burocratico-amministrativi sulle imprese (in primo luogo quelli legati all’avvio di un’azienda o al pagamento delle imposte) vuol dire per l’Italia recuperare quasi 2 punti di Pil“.

44mila nuove imprese in meno durante il lockdown

Tra marzo e maggio scorsi, il Registro delle imprese segnala oltre 44mila iscrizioni in meno di nuove aziende rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, con una riduzione in termini percentuali del 42,8%.

La pandemia mostra di aver già colpito duro in diverse regioni del Nord e del Centro. In Lombardia e nelle Marche le iscrizioni di nuove imprese si sono dimezzate tra marzo e maggio 2020 rispetto allo scorso anno, in Toscana ed Emilia-Romagna sono calate di oltre il 47%, Lazio e Friuli Venezia Giulia sperimentano una battuta d’arresto delle nuove imprese superiore al 45%. In valore assoluto, la Lombardia accusa lo stop maggiore nella diffusione di nuove aziende: -8.721 rispetto al 2019. A seguire il Lazio, con -5.056 nuove iscrizioni. Quindi l’Emilia-Romagna, con -3.535 nuove imprese.

Sul fronte opposto della graduatoria, con dati quindi meno pesanti anche se comunque negativi, si incontrano diverse regioni del Mezzogiorno, a partire da Basilicata, Sicilia, Campania e Molise, dove le nuove imprese iscritte nei tre mesi del lockdown sono calate tra il 20 e il 30% rispetto al 2019.

Alcuni settori, in particolare, registrano una riduzione notevole delle iscrizioni. È il caso delle Confezioni di articoli di abbigliamento (-59%), della Ristorazione e dell’Alloggio (-54% circa entrambi), della Fabbricazione di prodotti in metallo (dove si registrano quasi la metà delle iscrizioni di nuove aziende rispetto allo stesso periodo dello scorso anno). Diminuzioni meno significative si sono verificate invece tra le Attività ausiliare dei Servizi finanziari (-9,1%), nelle Industrie Alimentari (-22,3%) e nelle Coltivazioni agricole (-25% circa).

Forte la contrazione della nascita sia delle società di capitali che delle imprese individuali, le meno attrezzate ad affrontare lo tsunami del Covid 19. Le nuove società nate tra marzo e maggio sono infatti la metà rispetto allo scorso anno (oltre 14mila in meno). Le ditte individuali, invece, sono circa il 40% in meno, con un calo però notevole in valore assoluto (-27mila).

fonte: UnionCamere

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IMPRESE: 1 SU 4 HA INVESTITO PRIMA DEL LOCKDOWN SUL LAVORO AGILE

IMPRESE: 1 SU 4 HA INVESTITO PRIMA DEL LOCKDOWN SUL LAVORO AGILE AL SUD LO SMART WORKING UNA OPPORTUNITÀ PER IL 27% DELLE AZIENDE

Alla prova del lockdown, una impresa su quattro è arrivata – almeno in parte – preparata: il 24,6% delle imprese italiane, infatti, ha investito nell’adozione di sistemi di smart working per innovare il proprio modello organizzativo aziendale tra il 2015 al 2019. Il dato, che emerge dal bollettino annuale del Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Anpal, è cresciuto rispetto al 2018 (23,5%) e segue un trend di incremento consistente, destinato probabilmente a conoscere una ulteriore impennata nel prossimo futuro. Non tutti i settori, ovviamente, si sono potuti adattare all’introduzione del lavoro agile nella stessa maniera. L’ambito più ricettivo è quello delle Public utilities (luce, acqua, gas) in cui il 34,7% delle imprese ha dichiarato di aver investito in smart working, a seguire quello dei Servizi (25,5%), l’Industria (22,5%) e fanalino di coda, come facilmente immaginabile, le Costruzioni (19,9%). All’interno del mondo dei servizi, hanno investito in smart working il 50,9% delle imprese di Servizi informatici e delle telecomunicazioni, il 48,8% delle imprese di Servizi finanziari e assicurativi, e il 40,3% dei Servizi avanzati di supporto alle imprese. A questa modalità di lavoro a distanza hanno invece guardato solo il 15,7% delle imprese dei Servizi culturali, sportivi e altri servizi alle persone e il 17,9% dei Servizi di alloggio e ristorazione e servizi turistici. Nel sistema industriale, sul lavoro agile hanno puntato il 33,3% delle Industrie elettriche, elettroniche, ottiche e medicali, il 32,8% per le Industrie chimiche, farmaceutiche e petrolifere e il 29,6% delle Industrie di fabbricazione macchinari. Il Mezzogiorno è l’area del Paese in cui maggiormente le imprese hanno puntato sul lavoro a distanza, un’opportunità offerta dalla tecnologia per colmare altri gap strutturali. A favore di questa modalità organizzativa hanno investito il 27,1% delle imprese meridionali. A seguire il Nord Ovest, con il 24,1%, il Nord Est con il 23,5%, quindi il Centro con il 23%. A fare la differenza, però, è soprattutto è la classe dimensionale delle imprese.

L’innovazione del lavoro agile riguarda infatti il 53,1% delle aziende con più di 500 dipendenti, il 50,3% delle aziende tra i 250 e i 499 dipendenti e il 41,8% delle aziende tra i 50 e i 249 dipendenti. La percentuale scende per le imprese più piccole. Infatti si notano investimenti in smart working solo per il 31,1% delle imprese tra i 10 e i 49 dipendenti, e per il 21,3% di quelle tra 1 e 9 dipendenti. Lo smart working è però solo una delle possibili modalità organizzative e dei nuovi modelli di business che stanno adottando le nostre imprese messi a disposizione dalla trasformazione digitale. Excelsior mostra infatti che nel 2019 ben il 36,9% delle imprese (contro il 35,4% del 2018) ha dichiarato di aver investito in attività di digital marketing. Al primo posto il settore dei servizi (39,3%), al secondo quello delle Public utilities al 37,3%, poi al 31,2% il settore dell’Industria e il 25,5% in quello delle Costruzioni. Dal punto di vista territoriale si nota una sostanziale omogeneità tra tutte le aree del paese in cui spiccano sia il Nord Est con il 37,5%, sia il Sud e le isole con il 37,3%. A seguire il Nord Ovest con il 36,9% e il Centro con il 35,8%. Le imprese più grandi hanno un tasso maggiore di investimenti in digital marketing: l’innovazione riguarda infatti il 70,5% delle aziende con più di 500 dipendenti, il 68,3% delle aziende tra i 250 e i 499 dipendenti e il 58,5% delle aziende tra i 50 e i 249 dipendenti. La percentuale scende per le imprese più piccole. Infatti, sui canali di promozione e vendita online hanno puntato un buon 44% delle imprese tra i 10 e i 49 dipendenti e il 33% di quelle tra 1 e 9 dipendenti.

fonte: UnionCamere

FASE 2: SPRINT DI NEGOZI ONLINE - marketing telefonico

FASE 2: SPRINT DEI NEGOZI ONLINE

FASE 2: SPRINT DI NEGOZI ONLINE, +10MILA IN 5 ANNI OLTRE 23MILA LE IMPRESE CHE VENDONO AL DETTAGLIO SUL WEB

Negli ultimi cinque anni sono cresciute di 10mila unità le imprese che vendono sul web – un metodo che è stato molto utile per continuare l’attività durante il recente periodo di chiusura al pubblico e in questo di fase 2 – a fronte di un calo di quasi 45mila operatori dell’intero comparto del commercio al dettaglio. A puntare sul “negozio” online sono stati soprattutto gli imprenditori del Sud, forse per ovviare alla carenza di infrastrutture. Infatti se la Lombardia si distingue per il numero più elevato di imprese che vendono su internet (4.406), tra il 2015 e il 2020 Campania e Basilicata si posizionano al top per i ritmi di crescita rispetto al resto dell’Italia (+25,4% contro +14,5% medio annuo).

Un segno del cambiamento delle abitudini di consumo che, soprattutto in epoca di coronavirus, permette agli imprenditori che commerciano sulla “rete” di potere contare su una marcia in più. Più in dettaglio, confrontando il segmento delle vendite web con l’intero mondo del commercio, tra il 2015 e il 2020, le imprese della vendita al dettaglio attraverso internet sono aumentate di 9.840 unità, pari ad una crescita media del 14,5% all’anno, portando a quota 23.386 il numero complessivo degli “shop” online. Nello stesso periodo, invece, l’insieme del settore del commercio al dettaglio ha perso 44.751 imprese, pari ad una riduzione media annua dell’1% nel quinquennio (passando da 866.291 a 821.540 unità). In termini assoluti le regioni a più alta crescita è stata la Lombardia (+1.845), seguita da Campania (+1.725) e Lazio (+1.150). Mentre in termini relativi quelle che sono cresciute a ritmo medio annuo più sostenuto sono state Campania e Basilicata, che si sono mosse a pari passo (+25,4%), rincorse da Calabria (+22,6%) e Sicilia (+16,8%).

Quanto alla forma giuridica, sono le società di capitali a registrare un’impennata essendo più che raddoppiate in 5 anni. In aumento considerevole, anche se meno marcato, le ditte individuali che, nello stesso periodo, hanno totalizzato una crescita del 61,4%.

fonte: UnionCamere

RipartireImpresa

RIPARTIREIMPRESA – PORTALE SULL’EMERGENZA CORONAVIRUS

Quasi 16 mila utenti, più di 150mila visualizzazioni, 79 interventi di assistenza soprattutto sui protocolli di sicurezza e sulle misure economiche, 103 schede informative aggiornate.

Questo il bilancio, a circa un mese dalla sua messa online, di RipartireImpresa, la piattaforma realizzata da Unioncamere, in collaborazione con InfoCamere, per aiutare gli imprenditori a districarsi tra i provvedimenti, nazionali e regionali, diretti al contenimento della diffusione del Covid 19.

Raggiungibile all’indirizzo ripartireimpresa.unioncamere.it, dal sito di Unioncamere e da quelli di 62 Camere di commercio e 7 Unioni regionali, il portale consente una ricerca mirata delle norme adottate a livello centrale e locale e dedica particolare attenzione alle opportunità di sostegno economico.
La navigazione è semplice e intuitiva. Selezionando l’attività svolta e la regione in cui viene esercitata, è possibile prendere visione dei provvedimenti di principale interesse: attività che possono operare; misure dei Decreti Cura Italia e Liquidità; gli interventi a favore delle imprese previsti dal Decreto Rilancio; i servizi di assistenza disponibili e le iniziative di sostegno delle Camere di commercio. Inoltre, è presente una selezione di notizie continuamente aggiornate e un servizio di assistenza tecnica per gli eventuali problemi di fruizione.

fonte: UnionCamere

 

Rottamazione BIS: linee guida

ROTTAMAZIONE BIS: LINEE GUIDA

Con l’art. 1 del Decreto Fiscale collegato alla Legge di Bilancio 2018, Dl 148/2017 è stata sancita una “Rottamazione Bis” per le cartelle di pagamento notificate dal 1° Gennaio al 30 Settembre 2017. Si tratta del naturale seguito del beneficio fiscale applicato per le cartelle notificate dal 1° Gennaio 2000 sino al 31 Dicembre 2016.

A questa nuova tornata di “rottamazione” potrà aderire anche chi non ha presentato domanda alla prima edizione. È infatti possibile richiedere entro il 15 Maggio 2018 l’applicazione del beneficio fiscale anche per le cartelle notificate a partire dall’anno 2000.

In case di rateizzazione, il numero massimo di rate è pari a 5, con le seguenti scadenze:

  • Luglio 2018
  • Settembre 2018
  • Ottobre 2018
  • Novembre 2018
  • Febbraio 2019

Coloro che hanno aderito alla prima edizione ma ne sono successivamente stati esclusi come conseguenza del mancato pagamento delle rate, possono rientrare nella nuova edizione di rottamazione se provvedono, entro il 30 Luglio 2018 al pagamento dell’importo condonato con i relativi interessi di mora.

Per tutti i soggetti che decidono di aderire alla “Rottamazione Bis”, la data di scadenza di presentazione delle richieste è fissata per il giorno 15 Maggio 2018.

La domanda può essere presentata:

  • Tramite PEC alla Direzione Regionale di Agenzia delle Entrate-Riscossione, allegando Modello DA-2017, debitamente compilato e unendo copia del documento di identità
  • Tramite gli Sportelli di Agenzia delle Entrate-Riscossione, utilizzando il Modello DA-2017 compilato e firmato.

I soggetti che hanno inviato richiesta di rottamazione di una o più cartelle di pagamento, riceveranno entro il giorno 30 Giugno 2018, da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, notifica di accettazione o di rigetto della richiesta.

In caso di accettazione il soggetto richiedente potrà provvedere al pagamento in un’unica soluzione o tramite la rateizzazione in un numero massimo di rate pari a cinque.

 

(fonte: web)

Imprese femminili: 10mila in più nel 2017, grazie a turismo, cura della persona attività professionali e di supporto aziendale In deciso aumento le società di capitali: +17% in 3 anni

Donne d’impresa crescono. A fine 2017, sono quasi 10mila in più le imprese femminili iscritte al Registro delle Camere di commercio rispetto all’anno precedente, quasi 30mila in più rispetto al 2014. Con questo aumento costante, l’esercito di oltre un milione e 331mila attività produttive a conduzione femminile rappresenta oggi il 21,86% del totale delle imprese (era il 21,76% l’anno precedente).

Come mostrano i dati elaborati dall’Osservatorio per l’imprenditorialità femminile di Unioncamere e InfoCamere, nel diffondersi, il tessuto imprenditoriale guidato da donne sceglie forme più strutturate d’impresa. Le società di capitali condotte da donne, infatti, sono aumentate di quasi il 17% nel 2017 rispetto a tre anni prima arrivando a rappresentare oltre il 21% delle imprese femminili, mentre le società di persone e le imprese individuali, che restano, comunque, la forma giuridica più diffusa nell’universo imprenditoriale femminile, si stanno progressivamente riducendo.

Sono 14 su 20 le regioni in cui si ingrossano le file delle capitane d’impresa. La crescita più consistente si concentra, in realtà, in 4 regioni: Sicilia, Lazio, Campania e Lombardia. A dicembre 2017 rispetto a dicembre 2016, lo stock delle imprese femminili in questi territori segna un aumento complessivo di oltre 8mila attività.

Quasi la metà del saldo complessivo si deve all’aumento delle imprese femminili attive nel settore turistico e in quello delle Altre attività dei servizi, all’interno delle quali l’apporto più consistente viene dai servizi alla persona. In termini percentuali, però, e in alcuni casi con una buona presenza di imprese guidate da giovani di meno di 35 anni, sono le Attività professionali, scientifiche e tecniche ad aumentare di più rispetto al 2016 (+3,8%), il Noleggio, agenzie di viaggio e servizi di supporto alle imprese (+3,2%, al cui interno i saldi maggiori sono quelli dei servizi di manutenzione di edifici e cura delle aree verdi e di supporto alle imprese, tra cui, ad esempio, l’organizzazione di convegni e altre attività di servizio), la Sanità ed assistenza sociale (+3,4%), l’Istruzione (+2,8%), e le Attività artistiche, sportive, di intrattenimento (+2,2%).

Quest’ultimo settore, peraltro, è uno degli ambiti in cui, all’interno dell’universo femminile dell’impresa, si fa sentire maggiormente la presenza di giovani capitane d’azienda. Infatti, le oltre 170mila imprese guidate da under 35 “pesano” mediamente il 12,78% sul totale delle imprese femminili. In alcuni ambiti, però, la loro incidenza è ben maggiore. E’ il caso, appunto, delle Attività artistiche, sportive e di intrattenimento, in cui le giovani imprenditrici sono quasi il 15% delle imprese femminili del settore. L’apporto delle giovani al tessuto imprenditoriale femminile sale addirittura al 18% nel caso delle Attività finanziarie ed assicurative, è intorno al 17% nelle Altre attività dei servizi e nell’Alloggio e ristorazione, sfiora il 14% nel Noleggio, agenzie di viaggio e servizi di supporto.

 

(fonte: UnionCamere)